Nasi rossi in guerra

 

         

Intervista a Patch Adams
Giordania - Amman ottobre 2013

Quando pensiamo al ruolo del clown che agisce in situazioni di gravi conflitti e di guerra, almeno per quel che mi riguarda, mi viene alla mente quel pensiero che ricorre ogni volta che riflettiamo che l’uso della violenza è sbagliata. Storicamente non c’è mai stato un “tempo di pace” …da dove cominciare, dunque, a parlare di pace?

Da sé stessi, poiché l’uomo, in quanto essere umano, può decidere di essere pace, di essere amore, come riflesso delle proprie intenzioni. Quando iniziai a parlare dell’intelligenza dell’amore, molti si sentirono a disagio, la stessa parola “amore” fu fonte di imbarazzo e ricordo che l’idea stessa di portare amore venne accolta con incredulità e diffidenza. Da adolescente, scoprii che il mio essere cordiale, amichevole, accogliente e giocoso non era nulla di più che uno stratagemma – un trucco - per rendere l’amore più accessibile. Anziché dichiarare con sfrontatezza “ti voglio bene” – poiché spesso agli occhi di molti questa frase può evocare il corteggiamento – mi resi ben presto conto che anche solo il mio sguardo clownesco mi permetteva di avvicinare chiunque. Di stabilire subito un contatto e di far sentire al sicuro la controparte. In età adulta, quando inaugurammo il nostro ospedale (gli ospedali in tutto il mondo sono noti per essere seri e tristi, poco apprezzati anche dagli stessi addetti ai lavori) mi chiesi: qual è l’ingrediente mancante? Rispondo: la cordialità e l’accoglienza.

Cordialità? Esatto, una qualità che può sembrare alquanto superficiale, ma che in realtà va nel profondo. L’assenza di cordialità è forse il risultato della malattia e della stessa morte? Spesso si lavora in ospedale con ritmi stressanti. Ma tutto ciò giustifica comunque un comportamento sgarbato? Se è così, allora, dico che molti hanno sbagliato professione poiché io ritengo che il clima più adatto per facilitare la guarigione dell’individuo, di una famiglia o di una comunità debba essere animato dall’amore. Ma, ancora una volta, come rendere questo amore accessibile?

Il mio essere clown è stato il miglior espediente. Ho iniziato a indossare nasi da clown in ospedale quando ancora ero uno studente di medicina e poi, con un gruppo di amici, abbiamo deciso di dar vita a un ospedale divertente, coinvolgente, dove in aggiunta ai risultati delle analisi di laboratorio e della diagnostica si prestava grande attenzione a valorizzare l’individuo e osservando come l’umorismo poteva far breccia nel cuore e nell’animo del paziente.

Ma torniamo al conflitto….un uomo che picchia la moglie, questo è uno dei tanti esempi di conflitto. In situazioni di questo tipo, mi offrivo di aiutare la moglie ad andarsene da casa e quando ciò succedeva lo facevamo vestiti da clown… ogni qualvolta in ospedale aleggiavano nervosismo, stress e scortesia ecco che il brio e l’allegria riuscivano a stemperare gli animi tanto da evitare di arrivare alla violenza fisica…Poi iniziammo le missioni umanitarie clown decidendo di andare anche in contesti difficili e rischiosi. Anche in zone di guerra. Sprovvisti di armi ma invece dotati di buone dosi di coraggio, cordialità e benevolenza. Fu subito evidente che l’essere amabili e cordiali predisponeva ad un caloroso contatto umano. In un mondo alienato e sessista come il nostro, con un divario enorme tra classi sociali, ben presto ci rendemmo conto che il clowning era uno strumento capace di trascendere non solo lo status quo, ma anche tabù, pregiudizi e il razzismo rinsaldando forti legami con l’essenza dell’individuo. Volevamo metterci in gioco esponendoci alla vulnerabilità e alla verità che caratterizza questi momenti. In tutti questi anni mi sono trovato in situazioni difficili, problematiche, dolorose e posso dirvi che il clown mi ha sempre consentito di “aggirare” paure, tensioni, pericoli ed ostacoli permettendomi così di alleviare la sofferenza altrui.

Puoi raccontarci del progetto siriano?



La Siria, una grande nazione…il Medio Oriente d’oggi con tutte le varie fazioni in lotta tra loro…e il popolo Musulmano diviso tra sciiti e sunniti…ho letto molto sulla Siria: drusi e cristiani e dietro di loro ci sono gli uomini del clan al-Asad che sono al potere da più di 40 anni e che hanno utilizzato la prevaricazione, la crudeltà, la tortura…La storia della Siria è fatta di tortura e morte con la maggior responsabilità della minoranza alawita di cui fa parte il clan al-Asad. A marzo del 2011 è scoppiata la rivolta contro questo regime che si è protratta fino ad oggi. Più di 2 milioni di rifugiati hanno abbandonato il loro Paese.

Ho letto il libro di Samar Yazbek : “ A woman in the crossfire”…Nei primi 4/5 mesi di questa guerra intestina le crudeltà perpetrate sono analoghe a quelle causate da Hitler…torture, stermini di massa…ogni persona di buonsenso e, soprattutto una madre, sono costrette a fuggire da queste violenze, abbandonando il proprio Paese per trovare rifugio in Turchia, in Libano, in Giordania. Costrette a scappare senza fermarsi. Cercando rifugio dove possibile, mentre il regime continua a bombardare e torturare chi si ribella.

E’ bizzarro riflettere sul perché in questo mondo abbiamo pregevoli università, infinite pubblicazioni sulla libertà e la pace e su altre idee gloriose ma, a tutt’oggi, non sappiamo ancora cosa fare per sconfiggere le guerre. In guerra l’amore può trasformarsi in un’ “arma” alternativa perché dove c’è amore non ci sono stermini. Perché l’amore da gioia e speranza e non fa danni. Sono forse un incrollabile sognatore, ma come recitava John Lennon: “but I am not the only one”, mi sento anch’io di non essere solo. Isolato dagli altri. Appartengo ad una cosmopolita tribù umana. Durante il viaggio in Giordania abbiamo visto, nei campi profughi che abbiamo visitato, una gran quantità di belle anime. Tra queste tante donne sagge che hanno deciso di abbandonare il loro Paese con i propri figli al seguito ed alcuni uomini.

Storicamente, abbiamo dato prova di avere ben poche abilità nella risoluzione dei conflitti. Perché nessuno vuole rinunciare al proprio potere e, al contempo, molti se ne vogliono appropriare. Il mio cuore è con te, Siria, e con tutte quelle nazioni in cui vi sono campi profughi…Mi chiedo quando l’amore sarà da tutti riconosciuto più importante di ogni guerra. In 68 anni di vita, non ho mai visto uno dei nostri quotidiani aprire la prima pagina con il titolo: “l’amore è la soluzione”. Mai visto! Chissà forse succederà in futuro.

Noi siamo venuti in Giordania per rendere ancora una volta l’amore “interessante” e perseguibile. E questa idea è stata tanto avvincente da convincere alcuni degli studenti di medicina giordani che ci hanno seguiti a fondare loro stessi un proprio gruppo clown. Far agire l’amore e far agire la Cura ci permettono di donarci con genuinità e candore a coloro che soffrono… che sublime sentimento! Per me l’amore non è mai abbastanza!

Per questo viaggio ai confini del mondo dove è richiesto amore e voglio tornare in Giordania portando con me degli amici. E non mi importa quanto tempo ci vorrà per dar vita a questo desiderio!